La celebrazione della Cresima per i ragazzi (II media) nella nostra parrocchia avviene normalmente nella festa di Cristo re dell’Universo (alla fine di novembre), al termine del percorso di catechesi iniziato in seconda elementare.
Per gli adulti (16 anni in sù) è celebrata insieme con le parrocchie dell’unità pastorale abitualmente la prima domenica di marzo presso la parrocchia Santi Apostoli di Piossasco. Il corso di preparazione è di sabato pomeriggio a partire da gennaio sempre a Piossasco.
Catechesi sulla Cresima
(don Alessandro)
QUAL È IL NOME DI QUESTO SACRAMENTO?
CONFERMAZIONE è il nome più antico ma ambiguo, era il completamento del Battesimo antico dove veniva invocato lo Spirito Santo. In seguito questo termine è stato usato quasi a indicare che il singolo conferma da più grande il Battesimo ricevuto da piccolo, quasi a pensare a una scelta personale, una ratifica del Battesimo (se fosse questo non dovremmo darlo a nessuno o quasi). Se pensiamo che i Sacramenti sono opera di Dio è un po’ un controsenso: non siamo noi, al massimo è Lui che porta a compimento l’opera che ha iniziato! Dopo il Concilio, comunque, si riprende ufficialmente questo termine.
CRESIMA è il nome più usato, ma forse più povero, che indica il rito esterno dell’unzione con il sacro crisma (che è olio misto a profumo) con cui viene unto il cresimato. Se pensiamo le parole Cristo/Crisma richiamano al significato profondo dell’unzione, ovvero alla consacrazione. Il battezzato è “unto” per essere unito profondamente a Cristo e alla Sua missione di portare l’Amore di Dio (lo Spirito) nel mondo e all’uomo di oggi. Se il mondo è boccheggiante, non ha spirito, grinta, profondità è perché questa missione noi cristiani l’abbiamo dimenticata insieme alla dignità della Cresima.
Iniziamo a chiederci perché nella storia si è staccata questa unzione dal Battesimo. Fino al IV sec. questo Sacramento era dato insieme al Battesimo degli adulti. Si è distinto nel momento in cui il Battesimo dei bambini ha preso il sopravvento, le comunità cristiane sono cresciute e i successori degli apostoli (i Vescovi) non potevano più amministrare il Battesimo a tutti. Quindi si riservano l’unzione finale del Battesimo con l’invocazione dello Spirito Santo che tiene unita la Chiesa nella persona del Vescovo.
1. Il Vescovo Fausto di Riez nel 400 insegna che “lo Spirito Santo nel Battesimo dona la pienezza dell’innocenza e nella Confermazione la crescita nella grazia per combattere contro il nemico. Nel Battesimo ci purifica e nella Confermazione ci fortifica, nel Battesimo siamo arruolati come soldati e nella Confermazione siamo equipaggiati”.
2. San Tommaso d’Aquino riprende e sviluppa il tema 800 anni dopo dicendo tre punti essenziali: la Confermazione dona una forza speciale per l’età adulta; equipaggia per la lotta esterna contro il male; abilita a particolari compiti nella Chiesa in cui ci vuole una particolare unità con il Vescovo.
3. Il Concilio Vaticano II afferma che i cresimati “con il Sacramento della Confermazione vengono vincolati più perfettamente alla Chiesa, sono arricchiti di una particolare forza dallo Spirito e in questo modo sono strettamente obbligati a diffondere e difendere con la parola e con l’opera la fede come veri testimoni di Cristo” (LG 11).
Da qui parte tutto il disagio (storico ed esistenziale) e le insicurezze su questo Sacramento: si è staccato dal Battesimo, alle volte è stato dato prima, dopo o addirittura durante la prima Comunione, da piccoli o da grandi. Gli Ortodossi semplicemente la ricevono ancora con il Battesimo dei bambini. Qualcuno propone di celebrarla molto dopo, qualcun altro di fare come gli Ortodossi; altri affermano che sarebbe meglio ristabilire l’ordine dei Sacramenti così come pensati dal Catechismo, che mettono come secondo Sacramento la Cresima e come terzo l’Eucaristia, perché apre alla pratica continuativa della Messa domenicale, invece di concludere con un Sacramento unico e irripetibile che dà l’impressione che sia arrivato a conclusione definitiva. Tutte questioni che però noi non possiamo risolvere. Sicuramente il nostro disagio si amplifica vedendo a chi viene amministrato questo Sacramento e al fatto che il risultato è esattamente il contrario di quanto auspicato. Molti ragazzi non sanno cosa pensare quando lo ricevono (anche io qualche fatica la faccio!). Un Vescovo ha chiamato la Cresima “il ponte dell’asino”. Scrive mons. Bruno Forte in una sua lettera che questa espressione “indica un passaggio particolarmente difficile. All’origine pare ci sia un’antica leggenda, che narra di un Santo, di un asino e del Diavolo. Il Santo doveva spesso attraversare un torrente impetuoso. Il Diavolo gli propose, allora, di costruirgli un ponte, a patto di potersi impadronire dell’anima del primo che lo avesse attraversato. Il Santo accettò e il Maligno sembrò assaporare il gusto di impadronirsi dell’anima dell’uomo di Dio. Questi, però, dimostrò di saperne una più del Diavolo, perché ad attraversare il ponte mandò per primo… l’asino, che – come il Santo aveva previsto – fu risparmiato, in quanto non gradito al grande Avversario! La storiella fa capire perché “ponte dell’asino” designi una prova, dove c’è il rischio di perdersi. Essa contiene, tuttavia, anche un altro messaggio: e cioè che ci sono momenti in cui – se ti fidi di Dio e usi intelligenza e buona volontà – puoi guadare anche il torrente più impervio e avanzare libero e sereno nel cammino della vita. Dire che la cresima è “il ponte dell’asino” significa allora riconoscere che per molti essa risulta una tappa difficile, alla quale ci si prepara spesso con un senso di costrizione, mescolando noia e curiosità, attesa e fretta di finire. Giunto al ponte dell’asino, il protagonista rischia di cascare nelle mani del Nemico, lieto di poterlo separare da Dio. Avviene così che – messi da parte i buoni propositi – il ragazzo appena cresimato si allontani dalla pratica religiosa e cominci a navigare da solo nel turbinoso mare della vita. Il momento della confermazione diventa allora per molti l’ora del congedo! È possibile fare qualcosa perché non sia così?”
I genitori dicono che devono farla, che devono fare catechismo – ma loro non pensano minimamente a formarsi cristianamente – e “poi faranno quello che vogliono”, così “quando si sposeranno ce l’hanno”. Intanto bisogna vedere se si sposeranno e in ogni caso sembra che la vita cristiana sia più una raccolta di bollini del supermercato che un incontro. Quanti 15-30enni hanno ricevuto la Cresima e non hanno o dicono di non avere più fede, non hanno nessuna base di contenuti della fede (una abissale ignoranza religiosa rivelata impietosamente da tanti quiz televisivi) e assolutamente non praticano, non diffondono e difendono questo rapporto con Dio e l’unità della famiglia dei cristiani che è la Chiesa. E tutto dopo anni in cui la comunità cristiana si è data da fare per provare a stare loro vicino, a educarli, spendere tempo, competenze, passione, proposte… dove al massimo per tenerli ancora un po’ insieme dopo la Cresima si riesce a fare qualche pizzata, qualche film, qualche divertimento, qualche discorso su argomenti vaghi che non siano troppo complicati e poche altre cose. Pregare, andare a Messa, approfondire l’amicizia con Dio, leggere la realtà con lo sguardo di Cristo sembra una cosa impossibile! Questo è il dato di fatto – sembrerà cinico ma drammaticamente reale – su cui dovremmo ragionare sulla concretezza di condurre i ragazzi nell’età dei cambiamenti. Questi problemi li trasciniamo da decenni. C’è anche da dire che noi cristiani dalla prova traiamo la salvezza (la croce), e non ci demoralizziamo, ma sentiamo che è una sfida perché è palpabile che il mondo ha un disperato bisogno di Dio, di bellezza e di felicità!
L’AZIONE DELLO SPIRITO
La Cresima conferma quel Battesimo che abbiamo ricevuto e ci predispone ad accogliere il dono dello Spirito di Dio. Ma molti quando si parla dello Spirito Santo non riescono a immaginare un granché. Alcuni collegano l’immagine della colomba, ma questo dice poco. Spesso lo Spirito Santo rimane qualcosa di troppo astratto. Cerchiamo di capire come agisce lo Spirito Santo. Se uno prende il Vangelo di Luca e con una matita sottolinea tutte le volte in cui è citato lo Spirito, ne rimane meravigliato. Non c’è un passo della vita di Gesù che non sia mosso dallo Spirito, non c’è azione e parola dei protagonisti della storia sacra che non sia ispirata. Per Luca questo era talmente forte che anche il libro degli Atti degli Apostoli da lui scritto, è segnato profondamente dallo Spirito, tanto da aprirsi con la Pentecoste (At 2). Per lui lo Spirito è quello che fa uscire dalla paura, infonde coraggio, dà fiducia, fa parlare con franchezza, fa rischiare per qualcosa di grande, costruisce la comunità (la Chiesa). Tutti noi facciamo fatica su queste cose. Abbiamo tante paure che ci bloccano: di non fare bene, di non essere apprezzati o accettati, di sbagliare, di non fare la cosa giusta, di essere giudicati, di ammalarsi, di morire… spesso rimaniamo fermi, peggiorando la situazione. Abbiamo bisogno di coraggio per fare un passo decisivo che è quello che cambia le situazioni. È lì che agisce lo Spirito! Quante volte siamo banali nel parlare, diciamo quello che gli altri si vogliono sentire dire o non troviamo le parole giuste. Nel Vangelo spesso il demonio non fa parlare, rende muti! Educare al dialogo vuol dire eliminare tutto ciò che lo ostacola, è esercitare – oltre al sacrosanto diritto di critica – anche il dovere di incoraggiare: è lì che agisce lo Spirito!
Per Giovanni lo Spirito Santo è l’Amore e la sorgente della vita. È quello che vive e ci dona Gesù dalla croce e dopo la risurrezione, quel dare la vita è la promessa di un amore vero, che ci si può fidare. Fare esperienza dello Spirito Santo vuol dire accogliere una forza che ci inonda d’amore e ci spinge ad amare; su questo argomento siamo molto sensibili perché è lì che si gioca la nostra vita. “Dallo Spirito sgorgheranno fiumi di acqua viva” (Gv 7). Chi attinge da Lui rimane fresco, non si lascia sopraffare dalle cose, sa fare i propri lavori senza amarezza, riesce a capire il significato di ciò che fa.
Lo Spirito è perdono e consolazione: “Ricevete lo Spirito Santo, a chi rimetterete i peccati saranno rimessi” (Gv 20,22). Dio è all’opera quando ci si perdona (è l’amore a livelli esponenziali), nello stesso tempo è Consolatore, combatte con noi, prende le nostre difese, ci indica la strada, ci fa capire noi stessi e gli altri, entra nella nostra intimità e ci fa capire il vero bene, non ci lascia soli.
Lo Spirito agisce, e noi lo lasciamo agire? Come? Innanzitutto attraverso il silenzio, l’ascolto della Parola di Dio, la preghiera personale e comunitaria. Se non Lo invochiamo non pregheremo mai, al massimo diremo delle preghiere! Poi è necessario un dialogo su di noi e sul nostro mondo interiore con una persona che sia un punto di riferimento, sapersi spendere giorno dopo giorno anche nelle cose che sembrano essere troppo per noi; da ultimo imparando a chiedere scusa e dare il perdono, solo così acquisteremo quella profondità che non ci fa rimanere alla superficie della vita. Un bambino, un padre, una madre che vivono in questo modo non saranno forse felici? Iniziamo a capire perché la Cresima non è vissuta da tanti ragazzi: c’è un problema di vera felicità!
Tutti abbiamo bisogno di essere confermati per crescere. Chi conferma è altro da me, ma mi conferma in ciò che faccio. Essere confermati – se le nostre azioni sono buone o meno – ci dona sicurezza ed elimina via via le tante paure che costellano l’umano vivere. Ecco il significato.
L’INIZIAZIONE CRISTIANA COME ARTE E RESPONSABILITÀ
L’iniziazione cristiana – che di fatto si conclude con questo Sacramento – è parte di un’arte educativa per nulla scontata ma necessaria dentro una comunità cristiana. Le antiche civiltà studiate dagli antropologi, in qualche parte del mondo ancora presenti (parti remote dell’Australia, Amazzonia, Tribù Africane della Savana), avevano come tradizioni arcaiche dei riti iniziatici che attraverso delle prove fungevano come riti di passaggio all’età adulta. Ne sono state recensite molte: infilare le mani in un buco pieno di formiche “proiettile” e resistere, essere isolati in una capanna nella foresta, superare delle prove di forza e sopravvivenza. È significativo che nell’isola di Pentecoste (a largo dell’Oceania) gli adolescenti devono esibirsi nel rituale del “naghol”, lanciandosi nel vuoto da 30 metri con delle liane, tuffo che ha ispirato la pratica del bungee jumping! La Pentecoste, la Cresima, l’azione dello Spirito sono un lancio nel vuoto verso terra sapendo che dall’alto c’è un legame che non ci fa sfracassare, ma che ci tiene uniti alla parte più sù. Che bella immagine! In effetti la Cresima assume tutti i significati antichi del rito di passaggio… i più anziani si ricorderanno che un tempo c’era l’uso di uno schiaffetto che il Vescovo dava al cresimato, segno di fortificazione. Anch’esso aveva origine nell’usanza germanica di tirare uno schiaffo dopo aver firmato un contratto, nel luogo dove si stabiliva un confine di proprietà (in effetti noi ci ricordiamo con nettezza i dolori anche a distanza di tempo); era un modo per non fare tradire e rendere onore a ciò che si era stabilito. Quanti schiaffi dovremo ancora dare e prendere! La Cresima dovrebbe rendere evidente che c’è un passaggio; dobbiamo fare in modo che ci sia una prova per conquistare una meta. Domanda: ma a noi interessa che si raggiungano delle mete? La nostra società tende piuttosto a coccolare, a togliere le prove, a eliminare la fatica… per questo si è pagato un triste dazio in termini di felicità personale e di assunzione delle responsabilità. Forse i ragazzi e i giovani vogliono essere messi alla prova, anche perché le prove che non vivono accompagnati dagli adulti se le impongono loro con gravi conseguenze. Dobbiamo chiederci: oggi mancano davvero i riti di iniziazione (prove di passaggio) oppure ci sono riti sostitutivi? Far sempre più tardi alla sera, l’abuso di alcool, il fumo e le droghe, le gare a 180 km all’ora… fanno parte di questi dannosi riti sostitutivi.
La Cresima dovrebbe essere intesa come l’occasione per introdurre nell’arte di vivere in modo intenso, senza aver bisogno di “sballi” per sentirsi vivi, attraverso ESPERIENZE profonde: una giornata di silenzio totale, la vita monastica, esperienze impegnative di vita caritativa…
La Cresima dovrebbe dare la possibilità di chiarire la propria identità con il CONFRONTO, non solo dal punto di vista emotivo. Sapersi chiedere: chi sono io? Cosa sento, penso, sogno? A cosa aspiro? Come gestisco la mia solitudine? Quale fiducia ho in me stesso? Cosa c’entra Dio con me? Cosa vuole Dio da me? La Cresima non dovrebbe dare la forza di stare in piedi? Non dovrebbe irrobustirci tenendoci attaccati allo Spirito?
La Cresima potrebbe dare l’impulso per esercitare la propria RESPONSABILITÀ. Un mondo senza responsabilità cade nell’infantilismo (non cresce chi ha sempre la pappa pronta) e nel vittimismo (“tutti ce l’hanno con me!”). Crescere vuol dire rispondere in prima persona: non posso essere spettatore della mia vita, né stare nel banco di chi accusa tutto e tutti!
Ma cosa cambia nelle responsabilità dal giorno della Cresima? Alle volte niente! L’unica cosa che uno decide autonomamente è di non andare più in chiesa.
È necessario trovare motivi di responsabilità crescente a partire da una certa età: tenere ordine nella propria camera, la spesa, le chiavi di casa, modificare il menage familiare, tirare fuori dei carismi personali (la musica, lo sport, l’arte…). Questo significa anche responsabilità di sapere che se quella cosa non la fai tu, nessuno la farà al tuo posto; noi adulti non aiutiamo quando tappiamo i buchi.
La Cresima deve dare la possibilità di fare dei PROGETTI concreti, dove far lavorare i ragazzi e, come adulti “sporcarsi le mani” con loro: e anche questo non è scontato, perché si preferisce delegare. Ma a chi deleghiamo?
Da questi elementi la Cresima può ritornare a prendere mordente.
- Per cui forse non è necessario che sia per tutti alla stessa età. Essere esigenti, non vuol dire essere fondamentalisti, ma dare valore alle cose e non farle tanto per fare.
- È meglio una comunità dove ci siano meno Cresime e più ragazzi che si impegnano con buon spirito: cosa serve riempire i registri di nomi?
- Ascoltare i desideri dei ragazzi: perché fargli fare la Cresima se non interessano le conseguenze?
- Forse i genitori più che fargliela fare dovrebbero essere sicuri che loro accettino di buon grado esperienze, confronto, responsabilità e progetti. Sta agli adulti forse dover dire: non è ancora ora! Forse così il desiderio di qualcosa di grande aumenterebbe, e da “un problema che ci siamo tolti, meno male che è finito il catechismo!” diventerebbe una conquista.
- Mettersi come adulti in discussione su come, in spirito di fede e di servizio, accompagnare in questo passaggio faticoso.
- Fidarsi che Dio ci accompagna, e che non dipende tutto da noi, così come non è indifferente la nostra presenza o meno.
In ultimo pregare lo Spirito che illumini prima noi, che siamo già cresimati:
Spirito Santo insegnami a tacere, a fare silenzio, a fermarmi, ad ascoltarti nel cuore. Spirito radicami nell’amore di Dio in ogni stagione della mia vita.
Spirito consolami nelle tempeste, nelle fatiche, nell’aridità, nella disgrazia…
Spirito dammi il coraggio di scavare in profondità, rafforza in me l’uomo (o la donna) interiore affinché la mia vita abbia sapore. Amen.
DIVENTARE UOMINI SPIRITUALI LIBERI
“Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore. Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».” (Lc 4,18-21)
Durante la celebrazione della Cresima c’è un costante richiamo a diventare uomini e donne spirituali. Infatti la professione di fede ci invita a trovare risposta alle domande di senso della vita indicandoci che le risposte vere si trovano in una compagnia. L’ imposizione delle mani ci invita a far agire nel silenzio lo Spirito perché il Signore ci tenda una mano sulla testa e ci trasformi. L’ unzione con l’olio profumato (chiamato crisma) mentre si dicono le parole “ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono” ci invita a lasciare il segno. Il “sigillo” del Sacramento è un tatuaggio spirituale che dice un’appartenenza. Il “sigillo” riserva per un compito importante: si sigillano le buste importanti, le case per non lasciare entrare chi inquina le prove o i ladri. Dio nella Cresima ci dice: “tu sei Mio”, e noi diciamo “io sono Tuo”, sono le parole dell’Amore. Ci chiede di dare gusto, irrobustirci e guarire giorno dopo giorno da tutto ciò che è contrario allo Spirito di Dio, lo spirito del mondo, che ci fa guardare la punta del naso o l’ombelico, e dà un respiro affannato all’esistenza.
Ecco le caratteristiche dell’uomo spirituale:
1. Non è un guru, uno astratto, uno che non ha di meglio da fare: ma è l’uomo autentico che affronta la vita con le sue sfide sapendo di non essere da solo.
2. L’uomo veramente libero che non è schiavo (Rm 8,14ss) “dove c’è lo Spirito c’è libertà” (2Cor 3,17). Chi ha coscienza libera non è succube, non è una marionetta. Pensiamoci su: quante volte sono schiavo? Del telefono, del lavoro, delle abitudini, di quello che gli altri si aspettano, dell’ossessione della forma fisica, del primeggiare. L’uomo libero gode nel guardare il creato, nel leggere, nel parlare, nel fare silenzio, si lascia trasportare dalla musica e ne capisce anche la profondità e i testi.
3. Lo Spirito dà la forza di agire e di parlare francamente (ma senza offendere) e fa vibrare (come a Pentecoste c’è stato un “rombo gagliardo”). Ci fa appassionare e interessare a Dio e agli uomini (bambini, ragazzi, poveri, ammalati…). E noi? Sappiamo che il nostro bene passa per queste due realtà che ci tengono in piedi? Chi sono io senza Dio e senza gli altri? Un pallone gonfiato che occupa tanto spazio ma dentro non c’è niente.
4. L’uomo spirituale è interessato (mentre tanti se ne fregano) nel senso vero della parola: “essere in mezzo”, “stare nell’esistenza”. È unificato, perciò in pace con sé, Dio, gli altri e – per questo – diventa interessante!
5. Lo Spirito ci fa vivere i Suoi doni (1Cor 12,8-10)
– Sapienza, Intelletto, Scienza: aiutano a pensare.
– Consiglio e Fortezza: aiutano a fidarci e collaborare.
– Pietà e Timor di Dio: aiutano ad amare e essere compassionevoli.
Se ci sono questi doni possiamo perdere la fiducia in noi stessi, negli altri e in Dio? Se non ci sono diventiamo gretti, ripeteremmo solo slogan, non investiremmo il nostro tempo se non c’è un tornaconto personale, diventeremmo insipidi, solitari, sfiduciati.
6. L’uomo spirituale si vede dai frutti: “amore, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza e dominio di sé” (Gal 5,22) che ci sfidano a lavorare su noi stessi. E come si fa? Con la meditazione e la preghiera che ci fanno scegliere di agire concretamente. La meditazione non è appannaggio degli orientali! È fare nostri gli atteggiamenti umani di Cristo.
7. La Cresima si riceve una sola volta ma deve essere accolta tutti i giorni, perché tutti i giorni lo Spirito vuole lavorare nella nostra vita per toglierci dalla banalità, darci un respiro profondo che porta alla gioia e renderci solidi. Un uomo di spirito diventa quindi anche spiritoso, perché sa ridere anche sui difetti, a partire dai suoi, senza destabilizzarsi e diventare permaloso!
8. L’uomo spirituale è uno che si accontenta delle cose che ha (sa che sono mezzi e non fini), quindi è semplice! Ma nello stesso tempo non si accontenta di ciò che è: non si addormenta, non si lascia vivere ma vive intensamente! Quindi è profondo,le parole che usa sono pesate e pensate, calibrate, colgono il centro.
Signore Gesù, insegnami ad ascoltare lo Spirito. Insegnami ad affidarmi allo Spirito. Insegnami a lasciar agire liberamente in me lo Spirito!